Convento di San Pietro in Aria

Luogo di interesse

Chiesa e convento di San Pietro in Aria

Borgo di Terzo

Una dimora dello spirito per la vivace vita della badessa Gisella.
Avere una figlia monaca nel Medioevo era una questione di status. Sostenere un monastero o addirittura fondarlo era un investimento per l’eternità, in tutti i sensi. Così l’unico convento della Val Cavallina dedicato a San Pietro doveva essere per i nobili della zona, come i Terzi e i De’ Bullis, che rappresentavano la discendenza e il prestigio della famiglia. Dalle cronache, le monache diventate badesse poi emergono come vere e proprie donne di potere al centro di un microcosmo vivacissimo.

Una di loro è la Badessa Gisella, che nel Trecento provvedeva al cibo per lo spirito e per il corpo del convento: accanto a preghiera e raccoglimento infatti le sue monache erano occupate in una miriade di attività quotidiane, come rivelano sia le cronache, sia la struttura dell’affascinante monastero che sorge su un colle nei pressi di Borgo di Terzo. Un vero e proprio microcosmo incastonato nel cuore della Val Cavallina.

Fienili, granai, rimesse, cantine, terreni e uno spazio dedicato a fiori e piante offrono indicazioni sulla vita che qui svolgevano le suore, che si possono immaginare in preghiera mentre fanno scorrere tra le dita i grani del rosario sotto i portici del loggiato del questo monastero.

Quello che forse non si immagina invece sono le relazioni delle monache col territorio: coltivazioni di cereali, vino, scambi commerciali, terreni in affitto, rapporti con le famiglie locali… Inoltre, anche il convento era un fermento costante di attività tra la chiesa, l’edificio conventuale, i rustici. Infatti, esso era un vero e proprio complesso di edifici arroccato sulla collina la cui esistenza è documentata già nel 1122, le cui relazioni con l’intera valle erano intensissime.

Non tutto però è sopravvissuto ai secoli: la chiesa romanica del convento di cui parlano i documenti oggi è scomparsa, così come l’edificio originale, sostituito del Cinquecento da quello attuale, ma la quiete del luogo custodisce nel silenzio una storia di profonda spiritualità che convive con le vivaci giornate delle monache, vere e proprie imprenditrici rurali del medioevo.


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