Una chiesa campestre, luogo di raccoglimento e spiritualità che a causa del suo isolamento venne “sostituita” con una più vicina al borgo di Vigano San Martino. Questo essere appartata è oggi uno dei tratti più affascinanti che caratterizza la Madonna del Fiore, descritta “a braccio” dal Vescovo di Milano quasi cinque secoli fa.
“Lunga dodici braccia, larga sei, coperta di assi di legno, con un solo altare”, così San Carlo Borromeo descrisse questo Santuario dedicato alla Vergine quando venne in visita in Val Cavallina nel 1575. Una misurazione che tradotta negli odierni metri corrisponde a circa 3,5 metri per 7, un piccolo gioiello di spiritualità rurale.
All’interno della chiesa, la navata rettangolare fu decorata all’inizio del secolo scorso con motivi geometrici e simbolici e al centro del presbiterio si trova un medaglione dedicato a San Martino, patrono del paese. Sotto troneggia l’altare maggiore del santuario, forse opera dei Fantoni, celebre famiglia di intagliatori e scultori della vicina Valle Seriana.
Curiosamente il campanile fu eretto solo 150 anni dopo la costruzione della chiesa stessa, che oggi è luogo di pellegrinaggio per i devoti alla Madonna del Fiore, così chiamata in riferimento all’essere madre di Gesù: il Vecchio Testamento infatti indica che “il fiore è il figlio della Vergine”, un concetto che viene ripreso anche nella Divina Commedia di Dante: “nel ventre tuo si raccese l’amore [..] così è germinato questo fiore”.